domenica 11 marzo 2018

Post-Scriptum – Anni di Piombo Forever



Post-Scriptum – Anni di Piombo Forever


Qualche giorno fa ho ritenuto doveroso pronunciarmi nei confronti di un gesto – la petizione contro Nicola Campogrande – che ho ritenuto profondamente sbagliato: prima di tutto perché anonimo e poi perché attaccava una persona sulla base delle proprie idee, idee, detto per inciso, non particolarmente  sconcertanti o scandalose, semmai espresse in maniera un po’ eccessivamente semplicistica. Non desideravo entrare nel merito di queste idee, né difenderle.
Sono rimasto sconcertato dal totale silenzio tra tutti i miei amici e amici di FB, colleghi ed allievi riguardo tanto al pronunciamento quanto a questo gesto ‘fascista’ ed inquietante. Zero, silenzio assoluto, tranne il sostegno di due cari amici come Emanuele Arciuli e Andrea Rebaudengo, sostegno che ho tanto più gradito perché totalmente isolato.
Faccio fatica a comprendere questo silenzio.
E ricavo inevitabilmente la conferma che esiste ancora un clima di intolleranza, di incapacità di dialogo, di chiusure assolute, di campanilismi assurdi nel nostro paese, che oggi da noi il dissenso è ancora tabù, perché evidentemente quando si è in guerra -  e la musica contemporanea è sempre in stato di guerra, perché vive all’interno di una società che la disconosce e la contrasta – dissentire è un peccato mortale per cui si viene passati per le armi. E la scusa quindi è sempre la stessa: siamo quattro gatti, non attacchiamoci a vicenda… Ma possibile invece che io, pur riconoscendomi negli ideali del Novecento, anzi proprio a causa di questi, non possa dire liberamente che comporre oggi come faceva Pierre Boulez settant’anni fa è un paradosso storico? Posso io riconoscermi figlio del Novecento che ho amato, conosciuto, frequentato e ‘composto’ e al tempo stesso sollevare a volte qualche critica nei confronti dei ‘grandi compositori’ italiani oggi tanto celebrati ed eseguiti e dire che forse stanno sbagliando qualcosa? Che troppo spesso sento il cattivo odore di un secolo che ormai è morto e non vedo la luce di quello nuovo nelle loro musiche? E posso farlo senza timore di essere accusato di apostasia e crocefisso da una serie infinita di attacchi, privi di seria considerazione, riflessione e propensione allo scontro dialettico?
Ha davvero un senso questo protrarre all’infinito, nella musica, il clima degli Anni di Piombo, che così bene ho conosciuto da ragazzo?
A questo proposito vorrei sottolineare un altro aspetto della petizione contro Campogrande, o meglio di tutti i commenti che ne sono seguiti, per lo più elogiativi ed entusiastici. Campogrande avrà pur sbagliato ad esprimere tutta la sua ostilità contro un repertorio determinato, ma possibile che nessuno veda il clima in cui noi degli anni Sessanta siamo cresciuti? Vogliamo davvero ignorare la violenza strisciante della maggior parte dei comportamenti dei grandi maestri e dei loro allievi contro tutti coloro che non si uniformavano ai diktat del momento? Ma ce ne siamo già dimenticati? O la maggior parte di voi ha avuto davvero la fortuna di vivere in un mondo parallelo, dove tutti erano aperti e gentili, dalle larghe vedute?
Vi assicuro, io che sono cresciuto a Roma, in un quartiere di confine tra una zona fascista ed una comunista, che ero in classe al liceo, ad un passo da dove rapirono Moro, ricordo perfettamente quel clima, così come ricordo  l’atteggiamento del mio primo insegnante di composizione. Andai da lui a quindici anni (1977!), con poche nozioni di solfeggio e ancora meno di armonia, ma con tanta voglia di scrivere. Con un entusiasmo incontenibile direi. Al quale rispose subito con l’affermazione raggelante che la musica era morta (!). Gli portai un’invenzione a due voci, stile Bach, la mia prima composizione, che mi massacrò dicendo che era inconcepibile scrivere in quel modo, utilizzare addirittura delle quartine di sedicesimi, cancellò tutto con spregio e scrisse sul foglio dei ritmi estremamente complicati, fatti di quintine con pause ed infiniti altri gruppi irregolari: che bella didattica, del rispetto e dell’ascolto! Oggi come insegnante inorridisco al pensiero di quel primo incontro! Ma quegli anni erano tutti così, o quasi, ce ne siamo già dimenticati?
Io non sono sicuro che quegli anni siano davvero finiti, ma se lo sono davvero e me lo auguro, non sono finiti poi da tanto. E comunque di episodi simili la mia generazione ne ha vissuti infiniti. Sarebbe interessante raccogliere delle testimonianze a riguardo. Sebbene ancora oggi mi sembra che ci sia ancora chi scambia la sacra arte dell’insegnamento con lo stupro e la clonazione, come ho scritto in una mia intervista a Musicheria, è troppo forte il ricordo di quei corsi estivi con alcuni ritenuti per così dire ‘grandi’, di quel conformismo terrificante, dell’essere additati perché diversi, distrutti di fronte agli allievi la mattina e poi magari riempiti di complimenti la sera a cena, complimenti a volte un poco ambigui.
Allora, se proviamo ad aprire gli occhi e a capire che per molti è stato davvero un ambiente di merda, forse si capirà meglio il perché di certe acrimonie, di certi risentimenti. Sbagliati senza dubbio. Ma causati da ragioni profonde e da ferite che non si sono ancora rimarginate. Petizioni come quella appena venuta fuori non fanno altro che riaprire quelle ferite e ricordarci che forse, dagli Anni di Piombo, non ne siamo ancora usciti. Complimenti al suo ideatore e a tutti quella che l'hanno firmata e sostenuta in maniera più o meno diretta, più o meno esplicita! basta riportarla in un commento ad un proprio post ed inevitabilmente le si da il proprio tacito assenso...

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