Conversazione con Paolo Troncon sull’oggi e il domani dei
conservatori
G.L. B. « Sono passati diciassette anni
dalla legge 508 e dall’inizio della riforma, ma il cammino non è ancora
compiuto, e tante cose restano da decidere e definire».
P. T.: «Se noi diamo uno sguardo alla
storia, ci rendiamo conto che dall’Unità d’Italia ad oggi abbiamo assistito a
due grandi riforme dei conservatori, ciascuna delle quali ha impiegato tra i
sessanta ed i settant’anni per compiersi. La prima, avviata nei primi anni
Sessanta dell’Ottocento, ed affidata alla guida illuminata di Giuseppe Verdi, è
arrivata a pieno compimento nel 1930, col Regio Decreto n.1945, e ha dato vita
a quei programmi sui quali hanno studiato decine e decine di generazioni, e che
non sono andati del tutto in pensione con la Riforma del 1999, ma sono rimasti
con i corsi ad esaurimento del ‘vecchio conservatorio’, e si estingueranno
definitivamente solo verso il 2022. La seconda riforma è appunto quella
legata alla L. 508, il cui lungo processo cominciò
con gli anni Sessanta, e le riflessioni e sperimentazioni di quel periodo. Ma
potremmo spostare la lancetta dell’orologio fino al 1948, l’anno in cui il
ministro Gonella inviò un questionario ai docenti dei conservatori al fine di
raccogliere proposte per la riforma degli studi musicali… L’integrazione
europea e il cosiddetto processo di Bologna (la Conferenza dei ministri
dell’Istruzione di 29 Paesi europei, riunitasi a Bologna il 19 giugno 1999,
nella quale si fissavano una serie di obiettivi da realizzare entro dieci anni,
N.d.A.) hanno poi dato la spinta definitiva».
G.L. B. «Tuttavia è innegabile che qualcosa si
sia inceppato…»
P. T. «Mancano ancora tutta una serie di
decreti attuativi e di passaggi fondamentali per portarla a pieno regime, e di
questo è naturalmente responsabile la politica, che sembra occuparsi a fatica e
controvoglia dei conservatori; ma al tempo stesso il corpo docente si è
dimostrato in molti casi restio se non del tutto ostile a recepire i
cambiamenti. Questa duplice inerzia, della politica e del corpo docente, ha
fatto sì che la riforma procedesse lentamente e con evidenti e continue
contraddizioni, producendo un essere ibrido, rimasto a metà strada tra
un’istituzione di formazione superiore, al pari dell’Università (ma non
esattamente la stessa cosa), e il vecchio conservatorio, che già possedeva
anime molteplici, come abbiamo visto».
G.L. B. «Dell’inerzia
del corpo docente, essendo io un docente, entrato in ruolo proprio nell’anno
della riforma, e avendo vissuto giorno per giorno le difficoltà, le
contraddizioni ed i problemi della riforma sulla mia pelle e quella degli
allievi, non posso non vedere e condividere molte delle ragioni. Alcuni
elementi specifici dell’insegnamento musicale infatti, non sono stati colti
propriamente dal legislatore, che ne ha stravolto l’essenza, con conseguenze
spesso piuttosto gravi. Tuttavia non posso negare che spesso noi docenti non
abbiamo forse semplicemente avuto la voglia di metterci in gioco, di imparare
un nuovo modo di essere docente, un modo nel quale eravamo coinvolti in maniera
più collegiale. Mentre il conservatorio del passato era fatto da tante
personalità isolate, che raramente dovevano interagire, oggi è un complesso
equilibrio in cui ogni docente è chiamato a dare il suo contributo
armonizzandosi in un tutto, proprio come uno strumentista in un’orchestra. Ma,
lontano dalla partitura e dal palco, anche in presenza di un buon ‘direttore’,
il musicista sembra fare molta più fatica ad andare ‘a tempo’ e suonare insieme
agli altri».
P. T. «Noi Italiani abbiamo un grande
valore individuale, ma facciamo fatica a fare squadra. Come ha sottolineato
recentemente l’allenatore italiano del
Leicester, Ranieri, due inglesi fanno una nazione, da noi non bastano cinquanta
milioni di italiani…»
G.L. B. «Facciamo un passo indietro.
Cosa è diventato dunque oggi il conservatorio con la legge 508?»
P. T. «Con la legge 508 il conservatorio
diventa un’Istituzione di 3° livello, cioè di formazione superiore, insieme
all’Università (ma distinta da essa), e all’Alta formazione (corsi tecnici
superiori). ‘L’antico’ percorso che durava dieci anni, viene diviso ora a metà:
la prima parte, la fase di apprendistato di un musicista, viene in teoria
sottratta ai conservatori (vedremo in seguito perché ‘in
teoria’ N. d. A.) e affidata a tutta una serie di soggetti diversi, tra i quali
le scuole medie ad indirizzo musicale, i licei musicali e le scuole private; la
seconda parte, suddivisa a sua volta in un 3 + 2, viene considerata
universitaria, e destinata ad allievi maggiorenni in possesso di un diploma di
scuola media superiore (salvo eccezioni in caso di studenti con particolari
attitudini musicali). Viene rilasciato un Diploma di I livello (equipollente
alla L3 universitaria) e un Diploma di II livello (equipollente alla LM45
universitaria), equipollenti, non equivalenti, ai soli fini dell’accesso ai
pubblici concorsi ai Diplomi di laurea universitari. Per questa ragione non è
corretto parlare di Laurea, e sbagliano quei conservatori ed istituti
accreditati che si fregiano di tale titolo.
Gli istituti oggi che possono fare
questo, e che possono considerarsi in un certo modo ‘conservatori’ sono ben 82:
55 conservatori, più quattro sedi staccate, 18 ex pareggiati e 4 accreditati (Scuola
di Fiesole, Saint Louis College of Music di Roma, Civica di Milano e Siena Jazz)».
G.L. B. «Il trovarci in questo terzo
livello, insieme all’università ha creato non poche resistenze e perplessità… »